La vicenda greca e il disagio nel Prc. Intervista a Marco Sferini


Da alcune settimane, a ridosso della complessa vicenda greca e, soprattutto, come punto di dibattito da sviluppare sulle ricadute nel nostro paese delle lezioni teoriche e politiche di quegli avvenimenti abbiamo – come Rete dei Comunisti – aperto una discussione franca con compagni ed attivisti che, problematicamente, si interrogano sulle prospettive politiche del prossimo periodo.

Particolarmente con i compagni che dentro il PRC vivono con disagio e sofferenza l’ennesima svolta verso un approdo liquidatorio - non solo dell’identità ma persino di ogni possibile funzione espansiva della soggettività comunista nei movimenti e nella società - stiamo intavolando un confronto scevro da pregiudizi ma netto sui contenuti politici e programmatici che vogliamo difendere ed arricchire ulteriormente.

Il sito della Rete dei Comunisti (retedeicomunisti.org) e il quotidiano comunista on line Contropiano (www.contropiano.org) stanno ospitando contributi ed interventi ma, a partire dalle prossime settimane, daremo vita, nelle principali città, a momenti di confronto e di interlocuzione collettiva aperti a quanti non intendono annichilirsi a ridosso della nuova deriva compatibilista che, a nostro giudizio, il gruppo dirigente del PRC e dell’intero Partito della Sinistra Europea stanno velocemente determinando attraverso le prese di posizione e le scelte politiche e pratiche di queste ultime settimane.

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Incontriamo il compagno Marco Sferini, dirigente del Prc a Savona, a cui rivolgiamo alcune domande inerenti l’attuale contesto politico italiano e, necessariamente, europeo.

Domanda: Il recente voto in Grecia, dopo un'estate in cui si sono succeduti avvenimenti di non poco conto che hanno profondamente segnato la società greca e il dibattito politico della sinistra, segnala, a nostro parere, il permanere di una forte egemonia culturale e materiale dell’Unione Europea (derivante dalla sua natura modernamente imperialistica) di cui l’oggettivo cedimento di Siryza è un aspetto costitutivo. Come valuti l’azione di Tsipras il quale - all’indomani della inaspettata vittoria referendaria – aveva, comunque, accumulato i coefficienti politici per una dignitosa opposizione ai diktat della Trojka?

Risposta: Gli organismi tecnici e politici dell'Unione Europea si sono adoperati per normalizzare quella che era stata l' “anomalia greca” e sono riusciti in questo intento con grande sagacia e con la pazienza della formica e l'astuzia della volpe. Lo hanno fatto “da sinistra”: lo hanno fatto, intendo dire, utilizzando quella che doveva essere la sinistra radicale che non avrebbe dovuto cedere davanti anche alle peggiori pressioni della cosiddetta Troika. Tsipras non era e non è uno sprovveduto. Sapeva molto bene quali resistenze si sarebbe trovato innanzi andando a Bruxelles a trattare e sapeva che avrebbe sbattuto contro un muro di gomma, con un rimbalzo in costante aumento. Sento dire che non avrebbe potuto fare altrimenti: se non avesse firmato il terzo memorandum la Grecia sarebbe precipitata nel baratro. Mi domando: ma la Grecia in questi ultimi lustri dove si è trovata? Non era già nel baratro? E ancora mi chiedo: è possibile che non esista una alternativa? E' possibile che l'alternativa rientri sempre e solo nelle compatibilità del mercato e dei mercanti che la propongono? Io penso che una alternativa ci fosse e fosse mettere in conto seriamente di avviare un percorso di separazione dalla gabbia dell'Unione Europea. Traumatico passaggio? Indubbiamente, ma certamente non meno traumatico di quelli vissuti dal popolo greco sino ad oggi e certamente, invece, meno traumatico di quelli che sarà costretto a vivere nei prossimi mesi e anni con l'applicazione del terzo memorandum.

Domanda: La Rete dei Comunisti avanza, da tempo, la necessità della Rottura dell’Unione Europea, del ripudio unilaterale del debito, dell’Euro e della NATO come passaggi, difficili ma necessari, per opporsi, per davvero, all’austerity ed all’immanente azione antisociale della UE. Inoltre - oltre ogni impossibile riedizione di nazionalismi e sovranismi fuori tempo massimo - prospettiamo l’idea/forza di una ALBA/Euro-Mediterranea la quale, sulla base di dispositivi solidali e cooperanti, possa delineare un percorso di mobilitazione politico e sociale per avviare un processo di emancipazione e di rottura internazionale ed internazionalista. In questo contesto la campagna EUROSTOP (www.eurostop.info) costituisce un primo tassello di una connessione sovranazionale tra organizzazioni, movimenti di lotta e settori sociali che vogliono iniziare a lottare contro il polo imperialista europeo.

Risposta: Su questi temi ritieni si possano costruire utili convergenze politiche ed organizzative? Risposta: Ho considerato fino ad oggi irrilevante la questione della “moneta” in senso meramente tecnico. Penso, tuttavia, che le questioni che ponete stiano acquistando oggi un “senso” soprattutto per realtà come quella greca dove la disperazione pone ad un bivio: accettare i ricatti della Troika o accettare di governare i ricatti della Troika. Siamo ad una scelta impossibile, riformista nella peggiore delle declinazioni che si possono attribuire a questo storico aggettivo di qualificazione di una certa sinistra. La Troika è riuscita nell'intento di far gestire questi passaggi cruciali della vita del popolo greco ad una Syriza che si è normalizzata e che accetta di non mettere più in discussione l'indiscutibile, ma di provare a cambiarlo. Questo è il cedimento più preoccupante che deriva, del resto, dal repentino cambio di passo fatto dopo il pronunciamento del popolo ellenico sul referendum. Il 63% dei greci dà un mandato chiaro a Tsipras: non devi firmare. E Tsipras firma. Basterebbe questo elemento per comprendere che qualcosa di importante è avvenuto forse senza che ce ne accorgessimo pienamente in quei giorni, ancora speranzosi che la diga della sinistra radicale non cedesse, che facesse da barriera come aveva fatto fino a quel momento. Penso, per rispondere compiutamente alla domanda, che ci possano oggi essere nuove analisi in merito agli aspetti che legano questa Unione Europea che si fonda sempre più sul monetarismo e, per il resto, sulla totale assenza di sé stessa nell'ambito internazionale: basti citare le vicende ucraine e dei migranti per esserne consapevoli. Sulla base di queste nuove analisi, sì, si può trovare più di una convergenza fra le forze comuniste e anticapitaliste che ancora esistono in Italia.

Domanda: Gli sviluppi della situazione in Grecia stanno implementando le spinte, nel PRC ed oltre, ad un sostanziale scioglimento/superamento del partito e il delinearsi di una non meglio precisata “forza politica di sinistra”. La discussione che accompagna questo tentativo – che ci appare, francamente, come una sorta di Sinistra Arcobaleno 2.0 – sconta grandi deficit non solo di analisi teorica e politica sulle varie questioni ma, soprattutto, è priva degli indispensabili capisaldi di autonomia ed indipendenza che dovrebbero caratterizzare una formazione anticapitalista. Inoltre, da quel che intravediamo, sembra che ai comunisti, ben che vada, sia concesso un miserevole ambito di nicchia pseudo/culturale smarrendo ogni necessaria funzione di soggettività organizzata ed agente. Come ti collochi nei confronti di questo che sembra essere un processo già in atto, fuori e dentro il PRC, e che punta già ad essere presente alle prossime elezioni amministrative tra qualche mese?

Risposta: Esiste una grande questione culturale inespressa e non affrontata. Manca una consapevolezza unitaria (non univoca) non tanto dei rapporti di forza che, spero, siano sotto gli occhi di tutti, ma semmai di una necessità di recupero di una autonomia di Rifondazione Comunista rispetto a tutte le altre forze politiche. Voglio essere ancora convinto della buona fede del gruppo dirigente del Partito che spinge sul dualismo interattivo “rafforzamento del PRC e unità della sinistra”, ma mi domando quale sia il ruolo che andiamo a svolgere nel secondo programma che ci poniamo. L'unità è utile se è fondata su un ritorno ai valori di critica sociale e di crescita di una nuova coscienza sociale che esprima una politica anticapitalista netta, senza se e senza ma. Paolo Ferrero ha spiegato più volte che Rifondazione Comunista, fatemi semplificare, cederà la “sovranità elettorale” al soggetto unitario della sinistra italiana e continuerà, al contempo, a fare il partito comunista nella società. Non sono contrario a questa impostazione, a patto che l'elettoralismo non divenga la barra di conduzione del nuovo soggetto della sinistra e finisca col rendere residuale le caratteristiche di autonomia che dovremo conservare. Penso sia giusto porsi una domanda sia “ideologica” che politica: quale sarà l'alternativa necessaria al rilancio del progressimo italiano? Il riformismo governista cui tendono Civati e Sel? Basterà l'anti-renzismo come collante per una nuova sinistra? Ecco, io formulo dei dubbi che penso siano di molte compagne e compagni. Sinceramente vedo poche possibilità di creare un soggetto federato su basi anticapitaliste. La “genericità” del termine “sinistra” finirà col prevalere e metterà d'accordo tutte e tutti e, come già successo molte volte, non produrrà nessun avanzamento dei diritti sociali. Per questo ponevo la questione culturale come centrale per la riformulazione di uno spazio per i comunisti in questo Paese. Ma temo di essere in spaventosa, tremenda e un po' eccitante minoranza.

 

 

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