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I comunisti tra passato e futuro. Lettera aperta

Siamo, di nuovo, dentro un passaggio storico uguale per peso e spessore a quello del 1991, con la fine del campo socialista, ma di segno politico opposto, prodotto da una crisi di sistema che sta producendo anche una crisi di egemonia del pensiero delle classi dominanti.

Quello del 1991 ha rappresentato la crisi del movimento comunista internazionale così come si era configurato nel ‘900, ma anche quella del comunismo “italiano” che si era sempre reputato diverso. Quella fase ha avuto come ancora di salvezza la nascita del PRC, il cui “nuovismo” ha poi dimostrato quali fossero effettivamente le sue basi politiche e teoriche; basi che hanno portato all’attuale fine di un qualsiasi ruolo politico dei comunisti nel nostro paese.

Ma oggi, paradossalmente, alla diaspora dei comunisti corrisponde una ripresa delle contraddizioni del capitalismo attuale che si ripercuotono a tutti i livelli; dal soffiare dei venti di guerra alla competizione interimperialista e globale, dalla fine del sistema democratico nel nostro paese così come sancito nella Costituzione al declassamento della politica come ancella del capitale finanziario. Insomma stanno riemergendo con forza evidente tutte quelle contraddizioni che hanno permesso la nascita e la crescita del movimento comunista nel mondo e nel nostro paese nel ‘900.

E’ evidente come la crisi dei comunisti abbia avuto un carattere politico, ma quello che emerge, a oltre venti anni dalla fine del campo socialista, è che la vera crisi è stata di carattere teorico. Ovvero non si è stati capaci di leggere le dinamiche del reale, le contraddizioni che si andavano accumulando sia nel campo socialista che in quello capitalista e di individuare il ruolo dei comunisti in quella determinata condizione storica. Questo è valso per la dimensione internazionale del movimento comunista, ma anche per quella nazionale, che non doveva necessariamente rivelarsi subordinata ed incapace di elaborare teoria ed azione politica al livello delle contraddizioni che il Capitale manifesta.

Per ritrovare dunque un ruolo per i comunisti dentro questa fase storica, è necessario tentare di ritrovare questa capacità, che fu ben presente nella fase rivoluzionaria del movimento comunista, e di ricollocarla sia nel contesto internazionale sia in quello che oggi ci riguarda più direttamente, ovvero a livello nazionale e in quello della costruzione della Unione Europea.

Allora alcune domande oggi si impongono:

E’ necessario fare una critica obiettiva di quello che è stato il movimento comunista in Italia dagli anni ’90 e capire quali sono stati i “buchi neri” che hanno portato alla condizione attuale?

E’ possibile invertire la tendenza recuperando quel rapporto di massa con il blocco sociale che è stato sempre decisivo nel conflitto di classe nel nostro paese? Qual è la composizione di classe con cui ora misurarsi? Va rotto finalmente il “cordone ombelicale” con  i sindacati storici ormai divenuti palesemente complici?

E’ il momento di denunciare il carattere imperialista della Unione Europea inteso come livello di sviluppo complessivo raggiunto dal capitalismo nostrano che rappresenta per noi il “nemico principale”?

Queste ed altre domande aspettano delle risposte difficili da dare ma ineludibili se vogliamo ridare un ruolo ai comunisti ed al movimento di classe nel nostro paese.

Per questi motivi come Rete dei Comunisti pensiamo che sia il momento di riaprire un confronto teorico, politico e di lavoro nella classe. In tal senso, in vista di un incontro nazionale da tenersi nei prossimi mesi, stiamo organizzando confronti pubblici a Torino, Bologna, Roma, Napoli, Padova, Pisa, ed in altre città.

Rete dei Comunisti

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