L'abolizione delle Provincie e i licenziamenti di massa

L’abolizione delle Province è un primo passo verso la riforma della forma Stato e i licenziamenti di massa dei dipendenti pubblici
L'ABOLIZIONE DELLE PROVINCE NON E' UN SEMPLICE TAGLIO DELLA SPESA PUBBLICA. I TAGLI AL FINANZIAMENTO DEGLI ENTI LOCALI SONO SOLO UNO STRUMENTO PER INTRODURRE DI FATTO UN PROFONDO PROCESSO DI RIFORMA COSTITUZIONALE SENZA RISPETTARE I PASSAGGI FORMALI. L'OPPOSIZIONE ALL'ABOLIZIONE DELLE PROVINCE SENZA CONTESTUALIZZAZIONE CON LE POLITICHE EUROPEE E IL NUOVO MODELLO DI SVILUPPO PRODUTTIVO E' A FORTE RISCHIO DI SCONFITTA.

I paesi europei a noi vicini ( Germania, Francia, Inghilterra ) hanno tutti quattro livelli istituzionali ( stato, regione, provincia, comune ), pressoché tutti ad elezione diretta da parte dei cittadini, esattamente come noi. In tali paesi europei le province hanno funzioni proprie analoghe a quelle del nostro paese che hanno una caratteristica che da sola smonta la questione dei costi. Le province italiane sono le meno costose di Europa impegnando l'1,3% della spesa pubblica contro il 5,4 % della Francia e il 4,2% della Germania. Le autonomie locali sono un elemento fondamentale dei modelli sociali, ma oggi in tutta Europa sono sottoposti a processi di riforma in riferimento alle  loro funzioni, al loro funzionamento, alla loro dimensione e quindi al rapporto diretto con la popolazione che vive nell'ambito territoriale di riferimento. Non è solo un problema di risparmio o di taglio della spesa, siamo di fronte ad un profondo processo di trasformazione legato al nuovo modello produttivo che il polo europeo si sta dando utilizzando la propagandistica ipotesi di uscita dalla crisi.
La forma stato, compresi i livelli istituzionali intermedi, sono storicamente adattati al modello produttivo che li utilizza per regolare i rapporti sociali e il supporto alle stesse attività produttive. I distretti industriali di piccola impresa degli anni '80 ed il passaggio dalla produzione di fabbrica alla produzione diffusa nel territorio urbano degli anni '90 hanno avuto necessità vitale di un livello territoriale intermedio tra regione e comune, vale a dire la provincia. Il decentramento amministrativo e la valorizzazione delle regioni ha assunto un ambito progettuale che ha avuto una sintesi programmatica nell'ipotesi della cosiddetta " Europa delle regioni ". Queste sono state intese come aree produttive capaci si specializzare la propria capacità produttiva e concorrere tra loro sul piano continentale. La crisi economica ha imposto un ridimensionamento feroce dei sistemi produttivi locali e posto problemi di ridefinizione del modello produttivo su base europea e non più solamente nazionale. Questo sta determinando la necessità di riforma degli enti locali prevedendo la rivisitazione del ruolo delle regioni, l'abolizione delle province e l'accorpamento dei comuni.
Il modello produttivo che si va delineando è quello di una produzione realizzata per sistemi territoriali, che prescindono dalle attuali realtà amministrative. Le nuove aree produttive specializzate nei vari settori si strutturano attraverso l'agglomerazione di più realtà amministrative costringendo gli enti locali a processi di aggregazione funzionale, pur mantenendo la propria identità ed il proprio governo locale. La creazione di una capacità produttiva capace di competitività e competizione all'interno della nuova area produttiva europea consente di recuperare le risorse per la sopravvivenza materiale della nuova realtà geo-economica.
Nel 2007 l'Unione Europea ha pubblicato " l'Agenda Territoriale dell'Unione " che ha introdotto il progetto della " Coesione Territoriale ", dallo sviluppo di quel progetto si arriva all'introduzione dei cosiddetti sistemi territoriali che impongono la revisione dell'assetto territoriale dei paesi membri. Le scelte fondanti di questo progetto sono sicuramente: le città metropolitane, le mesoregioni o macroregioni europee, la intercomunalità con la fusione dei comuni e l'abolizione delle province.

LE CITTA' METROPOLITANE: costruite intorno ai capoluogo di regione sono di fatto la destrutturazione delle attuali regioni. L'area metropolitana concentra le attività amministrative, produttive e dei servizi a fronte di una desertificazione istituzionale del restante territorio regionale che diventa mercato interno della città metropolitana. La concentrazione nella città metropolitana delle funzioni regionali consente di rendere le regioni così ridefinite, più funzionali alle aggregazioni produttive territoriali.

LE MESOREGIONI O MACROREGIONI EUROPEE: sono aggregazioni dinamiche di più regioni europee costruite su obiettivi programmatici, non danno luogo ad un nuovo governo amministrativo locale, conservando in questa fase la pluralità degli attuali governi locali. L'evoluzione di questi nuovi assetti è prevedibile che proceda verso la stabilizzazione delle modalità di aggregazione funzionale a fronte della perdita crescente del ruolo degli stati nazionali.

LA RIFORMA DELLE REGIONI, UN ALTRO COLPO ALLA FORMA STATO: la campagna mediatico-giudiziaria contro la corruzione nelle regioni, come se non fosse un problema noto, è servita per aprire la strada alla destrutturazione delle attuali regioni. L’individuazione delle macroregioni stabilizza la desertificazione istituzionale dei territori, il ritiro dello stato dalle periferie, l’impoverimento delle ex province a favore delle città metropolitane che costituiranno l’ossatura del nuovo modello di sviluppo del paese. Per i dipendenti regionali si può prevedere l’ennesimo esodo che oggi sembra riguardare solo i dipendenti delle province, ma sono solo le prove tecniche per la dismissione di personale.

L'INTERCOMUNALITA': l'attuale comune con la sua divisione storica tra centro intramurario e contado non ha più ragione di esistere. La conurbazione e l'inurbazione hanno esteso il centro  intramurario ben oltre le mura storiche, e assemblato più realtà comunali storiche in un modello produttivo esteso e articolato. La fusione dei comuni, cominciando da quelli di dimensioni ridotte, consente, oltre ai vantati risparmi di scala, di ridefinire l'ente locale in funzione produttiva. In una regione così come viene ridefinita, con la creazione delle città metropolitane, la possibilità di sopravvivenza dei comuni, privati del supporto delle province, passa inevitabilmente per una loro aggregazione funzionale, in una prima fase, e strutturale successivamente.

L'ABOLIZIONE DELLE PROVINCE: è l'ente locale più aggredibile perché schiacciato tra comune e regione, perché meno visibile nell'esercizio delle sue funzioni e per la campagna distruttiva operata nei suoi confronti. L'entità irrisoria dei risparmi prodotti con l'abolizione delle province dimostra chiaramente come l'obiettivo reale non sia il taglio alla spesa, ma la necessità di destrutturare l'attuale assetto territoriale del paese. Le procedure di riforma attuate al di fuori del dettato costituzionale dimostra, oltre alla crescente insofferenza dei vari governi nei confronti delle garanzie imposte da quello che resta della Costituzione Italiana, l'urgenza di attualizzare il sistema territoriale alla nuova realtà produttiva europea.  Lo stesso commissariamento delle province cancella con un semplice atto amministrativo il diritto costituzionale di eleggere gli organismi di governo e consegna l'ente locale, privo di identità amministrativa, ai processi devastanti di riforma istituzionale. Lo svuotamento progressivo delle funzioni proprie delle province e il definanziamento progressivo sta portando al collasso tali enti, rendendoli incapaci di svolgere la propria funzione. L'abolizione delle funzioni è la vera abolizione delle province, il resto è puro simulacro formale. La riforma del titolo V della Costituzione è diventato un ostacolo al processo di riforma degli assetti territoriali perché ha definito ruolo e funzione degli stessi, rendendo ora problematico il loro smantellamento. Non è un caso che l'attuale governo propone la riforma della riforma del titolo V, un percorso di devastazione progressiva del territorio, altro che coesione.

Il problema del futuro dei 57.000 dipendenti delle province non è da sottovalutare, né ci si può accontentare delle rassicurazioni di un eventuale riassorbimento. Se si considera il processo di riforma degli enti locali contigui, la chiusura degli uffici provinciali dello stato, la ristrutturazione degli altri enti intermedi, tutte operazioni che producono mobilità forzata ed esuberi, la soluzione occupazionale è senz'altro problematica. Gli aspetti dell'abolizione delle province vanno senz'altro tenuti fortemente connessi con le garanzie occupazionali dei lavoratori ad esse assegnati.
Le stesse ipotetiche funzioni di una nuova presunta area vasta che dovrebbero sostituirsi all'attuale assetto delle province, vanno comprese e monitorate. Se lasciano tutto com'è  stiamo di fronte ad una procedura che non consente riordino e risparmio, come ci propongono, allora tanto vale lasciare le attuali province. Se invece questo processo di costruzione delle aree vaste è, in realtà, un processo che, prendendo a giustificazione la difficoltà di ricollocare le funzioni delle province, introduce una profonda privatizzazione di tali funzioni e dei servizi erogati, allora siamo di fronte all'ennesima svendita della pubblica amministrazione.
Le funzioni svolte dalle Province non sono cosa di poco conto e nell'ambito del mercato privato sono senz'altro appetibili come fonte sicura di profitto. Siamo quindi di fronte ad un processo profondo di revisione del modello istituzionale che costruisce una vasta operazione di mercato abbandonando ai privati funzioni essenziali come quelle delle province.
Come sempre dobbiamo distinguere le funzioni pubbliche dal funzionamento della pubblica amministrazione e dalla modalità con cui vengono svolte. La difesa delle funzioni pubbliche comporta inevitabilmente la difesa della pubblica amministrazione rinviando il problema del suo funzionamento ad una fase successiva. Sicuramente questo è vero per l'abolizione delle province che non può essere trattata come fatto a sé, ma inquadrata nel processo profondo di riforma istituzionale funzionale al nuovo modello produttivo.
La difesa delle funzioni svolte e quindi delle province va realizzata sul piano istituzionale, formale, sostanziale nel confronto continuo e con la mobilitazione di lavoratori e cittadini utenti.

LE FUNZIONI DELLE PROVINCE: le funzioni amministrative delle Province sono definite dall’articolo 118 della Costituzione Italiana . Tali funzioni, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza, e differenziazione, non possono essere attribuite ai singoli comuni.[1]
Le funzioni proprie delle Province (ex articolo 19 del D. Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000) sono:

1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale nei seguenti settori:
- difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità
- tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
- valorizzazione dei beni culturali;
- viabilità e trasporti, le province gestiscono il trasporto extraurbano per 134 mila km di strade statali extraurbane, vale a dire l'80% della rete stradale nazionale. [2]
- protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;
- caccia e pesca nelle acque interne;
- organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
- servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
- compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l’edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale, le Province gestiscono oltre 5000 edifici scolastici che comprendono 120 mila classi con un bacino di circa 2 milioni e 500 mila studenti. a causa dei tagli e del patto di stabilità gli investimenti nella scuola sono crollati del 62,3% nel periodo 2008 - 2012.[3]
- raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.

2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti promuove e coordina attività, nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo.
Le funzioni conferite alle Province (ex D. Lgs. n. 112 del 31 marzo 1998 e ss. mm. ii.)
- Industria: produzioni di mangimi semplici, composti, completi o complementari;
- energia: controllo sul risparmio energetico e l’uso razionale dell’energia, programmi di promozione delle fonti rinnovabili di energia; autorizzazioni all’installazione ed all’esercizio degli impianti di produzione di energia e controllo del rendimento energetico;
- autoscuole: autorizzazioni e vigilanza sull’attività delle autoscuole e delle scuole nautiche; riconoscimento dei consorzi fra le autoscuole; esami di idoneità degli insegnanti di autoscuola;
- revisione di automezzi: autorizzazioni alle imprese di revisione e riparazione di autoveicoli;
- autotrasporto: autorizzazioni per autotrasporto di merce propria; controllo delle “tariffe a forcella” per autotrasporto; esami per autotrasporto di merci e persone; tenuta degli albi provinciali degli autotrasportatori;
- viabilità e strade: progettazione, costruzione e manutenzione della rete stradale (ad eccezione delle strade nazionali e delle autostrade, che restano di competenza statale);
- protezione civile: predisposizione dei piani provinciali di emergenza; attuazione dei piani regionali di prevenzione dei rischi; vigilanza sulle strutture;
- catasto edilizio urbano e catasto terreni: tenuta degli atti (conservazione, uso, aggiornamento, revisione estimi e classificazione e rilevazione consorzi di bonifica) per i Comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti (attraverso la formazione di appositi Consorzi);
- formazione professionale, le province gestiscono 550 centri per l'impiego, 2 milioni 400 mila tra cittadini e imprese si rivolgono ogni anno a tali centri[4]
- polizia amministrativa: autorizzazioni allo svolgimento di gare locali di veicoli in ambito sovracomunale o provinciale, riconoscimento delle nomine ad agenti giurati delle guardie che esercitano la sorveglianza sulle attività venatorie e sulla pesca.

DIPENDENTI PUBBLICI SEMPRE MENO DIPENDENTI E SEMPRE MENO PUBBLICI
Dopo aver devastato l’assetto istituzionale territoriale, la riduzione dei dipendenti non è che una semplice conseguenza logica, dimenticando che stiamo parlando di uomini e donne che hanno garantito, in mezzo a difficoltà organizzative strutturali, l’operatività degli enti locali. È evidente che siamo di fronte al primo caso di licenziamenti di massa nel pubblico impiego, un obiettivo perseguito da tempo e realizzato introducendo elementi devastanti di riforma del rapporto di lavoro pubblico.

L’ENNESIMA NUOVA RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE in realtà è solo la messa a punto di strumenti di flessibilizzazione, mobilità coatta, licenziamenti e gestione autoritaria del personale. Il tutto senza alcuna funzionalizzazione dell’amministrazione pubblica, anzi con l’intento di attivare processi di privatizzazione e cancellazione delle funzioni pubbliche vendute come semplificazione e sburocratizzazione. La successiva circolare della funzione pubblica sulla ricollocazione del personale delle province ha un impianto da contratto nazionale di categoria e introduce elementi significativi di trasformazione del rapporto di lavoro.

INDIVIDUAZIONE DEGLI ESUBERI: viene fatta su base finanziaria e non rispetto alle funzioni da svolgere e dalle relative dotazioni organiche. Una novità preoccupante, altro che fine dei tagli lineari. Qui siamo all’assunzione a sistema dei tagli lineari. Fissati gli obiettivi di risparmio in 1 miliardo per il 2015, 2 miliardi per 2016; e 3 miliardi per il 2017, si procede al calcolo del valore medio del trattamento fondamentale desunto dal conto annuale 2013. Questo valore viene moltiplicato per il numero dei lavoratori in ruolo l’otto aprile 2014, comprendendo anche coloro che sono in comando e in aspettativa. Su questo fondo vengono effettuati i tagli del 30% per le città metropolitane e le province montane o che sono confinanti con paesi stranieri, e tagli del 50% per le restanti province. I fondi così ottenuti, divisi il trattamento medio fondamentale dà il numero dei dipendenti in soprannumero. Un modello matematico che dà il risultato di 20000 esuberi circa.

LA RICOLLOCAZIONE DEGLI ESUBERI: è l’ennesimo bluff renziano. la ricollocazione dovrebbe avvenire negli enti locali, comuni e regioni, o nelle altre amministrazioni pubbliche. Oltre al patto di stabilità e alle disponibilità di bilancio, vi è la legge 190 del 2014 che impone a comuni e regioni, di utilizzare le facoltà assunzionali, vale a dire la possibilità di assumere, per il 2015 e il 2016, all’assunzioni dei vincitori di concorso inseriti nelle graduatorie in vigore al 1-1-2015. Esaurite tali assunzioni, si possono rendere disponibili eventuali possibilità di ricollocazione di esuberi delle province.

SOLUZIONI ALTERNATIVEPOSSONO ESSERE: i famosi CONTRATTI DI SOLIDARIETA’, una vera novità per il pubblico impiego, scaricando parte dei costi del personale sull’Inps, che ovviamente gode di buona salute finanziaria, vero? Altra possibilità prevista è il famoso PREPENSIONAMENTO  con le norme cosiddette pre-Fornero. Se, come è prevedibile, non si trova ricollocazione alla fine del 2016, si viene messi in disponibilità, che è la cassa integrazione prelicenziamento per i dipendenti pubblici. Si arriva così all’obiettivo vero che il governo si era prefisso.

È evidente che siamo di fronte a processi di destrutturazione sociale, contrattuale e funzionale ai quali va prestata attenzione e ricercata la costruzione di opposizione sociale e politica di lungo periodo.



[1] Fonte : testo “Diritto degli Enti Locali – Serie Manuali – Edizioni Giuridiche Simone

[2] Fonte : UPI DOCUMENTO PROGRAMMATICO 31 GENNAIO 2013

[3] FONTE ;  UPI DOCUMENTO PROGRAMMATICO 31 GENNAIO 2013

[4] FONTE : UPI DOCUMENTO PROGRAMMATICO 31 GENNAIO 2013

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna

I nostri contatti

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

I nostri tweet